sabato 27 settembre 2008

E in arrivo il PGT, alias il Piano di Governo del Territorio

Se ne inizierà a parlare, nel Consiglio comunale convocato per il prossimo lunedì.
Il primo nodo da sciogliere riguarderà proprio la possibilità per i Consiglieri Comunali di partecipare alle sedute in cui il pgt verrà messo in discussione e votazione.
Pare, infatti – o così credo di aver capito, pur mancando dichiarazioni ufficiali in tal senso - che alcuni consiglieri spinti dalla preoccupazione che la loro partecipazione possa (in futuro, in caso di impugnazione), portare all'annullamento totale dello strumento urbanistico, stiano valutando l’opportunità di abbandonare l’aula durante la discussione.
Se ciò accadesse; se cioè non si riuscisse a garantire la presenza di almeno 7 consiglieri in aula l'intenzione dell'Amministrazione sarebbe quella – stando a quanto riportato dalla stampa locale – di richiedere l’intervento di un commissario ad acta, cioè di un Terzo che, al di fuori del Consiglio comunale, approvi il nuovo strumento chiamato a disegnare il futuro della nostra città (in termini di abitanti insediabili, di servizi, di nuove costruzione).
Il problema dell'eventuale astensione dei componenti l'assise cittadina, è chiaramente serio.
Il Piano di Governo del Territorio è uno strumento importante.
Personalmente mi spiacerebbe dover abdicare la funzione pianificatoria, per la quale credo, a suo tempo i miei elettori, mi hanno dato la loro fiducia.
Se il PGT, dovesse venire approvato da "un organo esterno" mi sentirei un po’ usurpata delle mie funzioni consiliari; svuotata di quei poteri di programmazione di cui alcuni miei concittadini mi hanno direttamente investita.
E poi, l’eventuale commissario non potrebbe, non conoscendo il nostro territorio, che “approvare il pacchetto così”, mentre ritengo che una discussione costruttiva e propositiva in seno al consiglio possa, perchè no, magari anche apportare degli elementi migliorativi, nell'interesse della cittadinanza, al piano già predisposto. Si sa che tutto nella vita è perfettibile.
Detto questo, da dove nasce il problema della “incompatibilità”? Da qui:
  • L’art. 78 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 , nel disciplinare il comportamento del pubblico amministratore, che deve essere (giustamente, aggiungo io) improntato ad imparzialità e buona amministrazione, da un lato impone ai consiglieri, agli assessori e al sindaco di astenersi “dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado” dall’altro precisa, che nel caso di “provvedimenti normativi o di carattere generali quali i piani urbanistici “ l’astensione è doverosa solo nel caso in cui “ sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini sino al quarto grado “ . La legge in sostanza attenua - per quegli atti che riguardano una pluralità di soggetti, come le norme od i piani che regolamentano l’intero territorio - l’obbligo di astensione, richiedendo un elemento in più:una correlazione immediata e diretta con l’interesse perseguito. Correlazione difficile da individuare quando si parla di programmazione generale, di strumenti di pianificazione urbanistica, come il PGT, generali non solo sotto l’aspetto formale ma anche sostanziale. Ad esempio, secondo me, non dovrebbe porsi alcun obbligo di astensione nel caso, assai frequente, in cui l’amministratore, o un suo parente o affine, sia proprietario di un bene , oggetto di regolamentazione insieme ad altri, all’interno di più vaste zone del territorio comunale. Anche perché, ove non fosse così, nessun consiglio comunale potrebbe mai votare un piano regolatore, perché tutti abbiamo una casa a Giussano, o un genitore che vi abiti. Al pari, estremizzando, nessun consigliere/architetto, potrebbe votare il regolamento edilizio (dovendolo applicare, ha interesse a che lo stesso contenga determinate prescrizioni piuttosto che altre.) E ancora, nessun consigliere che aderisca a qualche associazione potrebbe votare il regolamento che disciplina le modalità con cui il comune eroga alle associazioni locali i relativi contributi. Chiaro, che essendo, pgt e regolamenti, provvedimenti generali ed astratti, l’interesse “immediato e diretto” richiamato dalla norma, si concretizza, solo in fase successiva, quando viene erogato quel singolo contributo, presentato quel particolare intervento edilizio, e così via.

Pena la paralisi dell’attività consiliare.

Altrimenti, per evitare ogni problema legato alla votazione del piano di governo del territorio, tanto varrebbe introdurre una legge che vieta di eleggere consiglieri comunali di un comune chi in esso vi risiede!

Chiaro che la materia ha parecchie sfaccettature: ad, esempio, la questione sarebbe diversa, nel caso di varianti che incidano su ben delimitate aree (che riguardano cioè, non tutto il territorio, ma solo una sua porzione) . Allo stesso modo, secondo me, si configurerebbe un dovere di astensione qualora lo strumento urbanistico dovesse introdurre previsioni particolari ed eccentriche riferite a particolari e ben delimitati immobili (che so, ad esempio, un programma di intervento che concerne un’area appartenente ad un unico e ben individuato od individuabile soggetto; in questo caso è evidente l’"interesse diretto ed immediato").

UN'IDEA PER SUPERARE L'IMPASSE

Anche nel caso in cui i consiglieri comunali non potessero prendere parte al consiglio comunale, credo che si potrebbe facilmente scongiurare l’arrivo di un commissario ad acta, procedendo ad una votazione separata della parte dello strumento.

Si tratta di una prassi che i giudici amministrativi costantemente ammettono (lo dicono chiaramente la sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, 13 maggio 2005 n. 949 o quella del T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 06 agosto 2003, n. 4159 )

Soluzione che sottoporrò all'attenzione del Consiglio Comunale.

Lunedì sera bisognerà, poi, ben chiarire “cosa rischia il consigliere che vota”. Conseguenze civili, penali, contabili? Annullamento in toto del piano? Non, credo.

Secondo me, si rischia al più (ammesso e non concesso che qualcuno dimostri al giudice di avere il proprio interesse a ricorrere) l’annullamento di quelle parti che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi di cui sarebbe titolare. Lo dice la legge (art. 78 – 4° comma del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), lo hanno più volte chiarito i giudici amministrativi. “L'art. 78, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, ha oggi legislativamente tipicizzato al n. 4 le conseguenze della violazione dell'obbligo di astensione da parte di un consigliere comunale nell'ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell'annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell'annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali. La norma in questione viene, pertanto, nella sostanza a limitare il potere di annullamento del giudice amministrativo in relazione alla violazione dell'obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull'atto assunto in violazione di tale obbligo, relativo cioè alle sole parti dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi del predetto assessore comunale. T.A.R Abruzzo Pescara, sez. I, 19 novembre 2007, n. 890”

Insomma, ci aspetta un Consiglio Comunale intenso!

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