- L’art. 78 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 , nel disciplinare il comportamento del pubblico amministratore, che deve essere (giustamente, aggiungo io) improntato ad imparzialità e buona amministrazione, da un lato impone ai consiglieri, agli assessori e al sindaco di astenersi “dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado” dall’altro precisa, che nel caso di “provvedimenti normativi o di carattere generali quali i piani urbanistici “ l’astensione è doverosa solo nel caso in cui “ sussista una correlazione immediata e diretta tra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini sino al quarto grado “ . La legge in sostanza attenua - per quegli atti che riguardano una pluralità di soggetti, come le norme od i piani che regolamentano l’intero territorio - l’obbligo di astensione, richiedendo un elemento in più:una correlazione immediata e diretta con l’interesse perseguito. Correlazione difficile da individuare quando si parla di programmazione generale, di strumenti di pianificazione urbanistica, come il PGT, generali non solo sotto l’aspetto formale ma anche sostanziale. Ad esempio, secondo me, non dovrebbe porsi alcun obbligo di astensione nel caso, assai frequente, in cui l’amministratore, o un suo parente o affine, sia proprietario di un bene , oggetto di regolamentazione insieme ad altri, all’interno di più vaste zone del territorio comunale. Anche perché, ove non fosse così, nessun consiglio comunale potrebbe mai votare un piano regolatore, perché tutti abbiamo una casa a Giussano, o un genitore che vi abiti. Al pari, estremizzando, nessun consigliere/architetto, potrebbe votare il regolamento edilizio (dovendolo applicare, ha interesse a che lo stesso contenga determinate prescrizioni piuttosto che altre.) E ancora, nessun consigliere che aderisca a qualche associazione potrebbe votare il regolamento che disciplina le modalità con cui il comune eroga alle associazioni locali i relativi contributi. Chiaro, che essendo, pgt e regolamenti, provvedimenti generali ed astratti, l’interesse “immediato e diretto” richiamato dalla norma, si concretizza, solo in fase successiva, quando viene erogato quel singolo contributo, presentato quel particolare intervento edilizio, e così via.
Pena la paralisi dell’attività consiliare.
Altrimenti, per evitare ogni problema legato alla votazione del piano di governo del territorio, tanto varrebbe introdurre una legge che vieta di eleggere consiglieri comunali di un comune chi in esso vi risiede!
Chiaro che la materia ha parecchie sfaccettature: ad, esempio, la questione sarebbe diversa, nel caso di varianti che incidano su ben delimitate aree (che riguardano cioè, non tutto il territorio, ma solo una sua porzione) . Allo stesso modo, secondo me, si configurerebbe un dovere di astensione qualora lo strumento urbanistico dovesse introdurre previsioni particolari ed eccentriche riferite a particolari e ben delimitati immobili (che so, ad esempio, un programma di intervento che concerne un’area appartenente ad un unico e ben individuato od individuabile soggetto; in questo caso è evidente l’"interesse diretto ed immediato").
UN'IDEA PER SUPERARE L'IMPASSE
Anche nel caso in cui i consiglieri comunali non potessero prendere parte al consiglio comunale, credo che si potrebbe facilmente scongiurare l’arrivo di un commissario ad acta, procedendo ad una votazione separata della parte dello strumento.
Si tratta di una prassi che i giudici amministrativi costantemente ammettono (lo dicono chiaramente la sentenza del T.A.R. Lombardia, Milano, 13 maggio 2005 n. 949 o quella del T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 06 agosto 2003, n. 4159 )
Soluzione che sottoporrò all'attenzione del Consiglio Comunale.
Lunedì sera bisognerà, poi, ben chiarire “cosa rischia il consigliere che vota”. Conseguenze civili, penali, contabili? Annullamento in toto del piano? Non, credo.
Secondo me, si rischia al più (ammesso e non concesso che qualcuno dimostri al giudice di avere il proprio interesse a ricorrere) l’annullamento di quelle parti che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi di cui sarebbe titolare. Lo dice la legge (art. 78 – 4° comma del d.lg. 18 agosto 2000 n. 267), lo hanno più volte chiarito i giudici amministrativi. “L'art. 78, d.lg. 18 agosto 2000 n. 267, ha oggi legislativamente tipicizzato al n. 4 le conseguenze della violazione dell'obbligo di astensione da parte di un consigliere comunale nell'ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell'annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell'annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi dei consiglieri comunali. La norma in questione viene, pertanto, nella sostanza a limitare il potere di annullamento del giudice amministrativo in relazione alla violazione dell'obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull'atto assunto in violazione di tale obbligo, relativo cioè alle sole parti dello strumento urbanistico oggetto di correlazione con gli interessi del predetto assessore comunale. T.A.R Abruzzo Pescara, sez. I, 19 novembre 2007, n. 890”
Insomma, ci aspetta un Consiglio Comunale intenso!
Nessun commento:
Posta un commento