venerdì 5 febbraio 2016

Un contributo alla Mafai. Tratto dal libro pane nero.


Le donne, durante la resistenza, presero parte ai combattimenti, e fecero la loro parte. Ma poi alla sfilata del primo maggio fu loro impedito di prendere parte al corteo. 
"Comincia così la storia nuova d’Italia. C’è, nei confronti delle donne che hanno partecipato alla Resistenza, un misto di curiosità, di ammirazione e di sospetto."
Ogni volta che rileggo questo pezzo, ripenso a quelle donne, non posso che commuovermi
E la storia, tutto sommato, è sempre la stessa....
.
 
Scrive Miriam Mafai:
Il Primo maggio del 1945 in tutte le città del Nord si celebrano insieme la festa del Lavoro e quella della Liberazione. 
Sfilano i partigiani. Sfilano tra due ali di gente in festa, le ragazze con gli occhi lucidi, i bambini sulle spalle dei padri, le finestre aperte e imbandierate. Comincia per l’Italia una storia nuova. 
Sfilano i partigiani delle varie formazioni, con i loro fazzoletti rossi o verdi, le loro bandiere e le armi a tracolla. Con la sua formazione si trasferisce a Torino anche Trottolina, la staffetta del comandante Nanni che aveva passato più di un anno in montagna.´
Io non ho potuto partecipare alla sfilata, però. I compagni non mi hanno lasciato andare. Nessuna partigiana garibaldina ha sfilato. Mi ricordo che strillavo: ‘Io vengo a ficcarmi in mezzo a voi, nel bello della manifestazione! Voglio vedere proprio se mi sbattete fuori’. ‘Tu non vieni, se no ti pigliamo a calci in culo! La gente non sa cos’hai fatto in mezzo a noi, e noi dobbiamo qualificarci con estrema serie
tà. 

Così alla sfilata ero fuori, in mezzo alla gente, ad applaudire. 
Ho visto passare il mio comandante, poi ho visto il comandante Mauri con i suoi distaccamenti autonomi e le donne che avevano combattuto. 
Loro sì, che c’erano.
Mamma mia, per fortuna non ero andata anch’io! La gente diceva che erano delle puttane. […] Comincia così la storia nuova d’Italia. C’è, nei confronti delle donne che hanno partecipato alla Resistenza, un misto di curiosità, di ammirazione e di sospetto. L’Italia uscita dalla Resistenza e dalla guerra è tradizionalista e bacchettona.
E’ comprensibile, anche ammirevole, che una donna abbia offerto assistenza a un prigioniero, a un disperso, a uno sbandato, tanto più se costui è un fidanzato, un padre, un fratello. Questo rientra ancora nelle regole.
L’ammirazione e la comprensione diminuiscono quando l’attività della donna sia stata più impegnativa e determinata da una scelta individuale, non giustificata da affetti e solidarietà familiari.
Per ogni passaggio trasgressivo, la solidarietà diminuisce, fino a giungere all’aperto sospetto e al dileggio.

La disapprovazione per le donne che partecipano, armate, alle sfilate partigiane del Primo maggio, disapprovazione che Trottolina ha nettamente percepito tra la folla, non si manifesta solo a Torino.

 

Doveva essere un fatto piuttosto generale anche in Emilia se il giornale ´Noi Donne’ sente il bisogno di parlarne, nella sua edizione regionale. ´Mentre seguendo le nostre bandiere sfilavamo per la città, scrive l’ignota giornalista, ´abbiamo visto disegnarsi sulle labbra dei signori uomini un sorriso ironico assolutamente inadeguato alla serietà della cerimonia’

 

Certamente questi uomini pensano che il cervello delle donne sia troppo leggero e immaturo.

 

Ersilia, che aveva combattuto nella Divisione Valtoce, quando torna a casa sua a Domodossola dopo la Liberazione, la trova completamente svaligiata.

 

´La gente, i piccoli borghesi ci consideravano male.

 

 Erano da prendere a schiaffi.

 

Mi ricordo che il primo anniversario della Liberazione, il 25 aprile del 1946, mi son detta: E’ la nostra festa! Sono andata davanti al Municipio col fazzoletto rosso intorno al collo.

 

Certa gente mi sghignazzava in faccia.

 

Qualcuno diceva: ‘Ma và a fare la calzetta!’ Io avevo ancora le armi in casa, nascoste in cantina. Avevo una voglia di vendicarmi, di prendere un mitra e poi di andare là a dire: ‘Adesso vi faccio io la calza a voi!’

mercoledì 3 febbraio 2016

A quelli del Pd di Giussano. Tu gli porgi la mano. E loro te la amputano.

Noi (opposizioni) gli  tendiamo la mano, cercando di mettere ordine logico e razionale alle loro contorte idee.
E loro (la maggioranza) non solo se ne prendono il merito, ma si permettono pure di imputarci gli effetti della loro inerzia ed incapacità.

E’ quanto sta succedendo sul tema caldo delle Commissioni Consultive non consiliari.
Per i non addetti ai lavori si tratta di commissioni - aperte nella loro composizione  anche alla cittadinanza -  che hanno una funzione consultiva. Stiamo parlando delle commissioni per il diritto allo Studio, all'Ambiente, all’Urbanistica e Lavori Pubblici. Ai servizi sociali.

A quasi due anni dalla sua elezione il buon Matteo Riva, non ne ha ancora istituita mezza. La colpa?

Delle minoranze chiaramente, che chiedono  (ahimè che cattivoni!) un proprio rappresentante.
I gruppi di opposizione, a causa della frammentazione elettorale, sono infatti 5. Mentre i componenti di nomina consiliare variano – in linea di massima e salvo eccezioni -  da 2 a 4.
Ricordiamo che le commissioni, hanno un ruolo strategico, visto che sono chiamate a rendere, in fase di istruttoria, il proprio parere sulle proposte che poi approdano poi in Consiglio Comunale. 

Dopo due anni d’inerzia, di piagnucolose lagnanze e recriminazioni, lo scorso giovedì la maggioranza ci ha sottoposto un testo che solo a vederlo(figuriamoci a leggerlo ed applicarlo) fa venire il mal di testa. (qui a fianco)

La norma, tortuosa e contorta  nella forma ed ancor più nei contenuti, si compone di  oltre 30 righe; e tradisce il neppure tanto celato  tentativo di creare una norma ad hoc per imbrigliare le opposizioni, cui la maggioranza non riesce a tenere testa secondo la normale dialettica politica.

In sede di commissione, noi (le minoranze) abbiamo preso questo confuso groviglio di parole, e ci abbiamo lavorato per  trarne (dettandola letteralmente ai funzionari)   una norma di senso compiuto, generale ed astratta che potesse ricevere applicazione (appunto prevedendo un componente per ogni gruppo di opposizione, e  garantendo un voto in più alla maggioranza)

Ora, nella dichiarazione resa alla stampa,  gli uomini di Matteo Riva, troppo impegnati a pavoneggiarsi per i risultati raggiunti, non solo paiono essersi dimenticati del nostro contributo, ma ci accusano  di essere quelli che con atteggiamento ostruzionistico impantano l’amministrazione, mettendo paletti al Democratico e magnanimo Riva.

Mi spiace. Per me il vaso è colmo.
Mi aspetto, a questo punto, scuse ufficiali con tanto di ringraziamenti da parte del Primo Cittadino..


In caso contrario, mi ritirerò, come si dice sull’Aventino.
Non mi presenterò più in commissione regolamento.

E delle modifiche con la maggioranza ne discuterò
(sempre che ne sia in grado) in Consiglio Comunale.


Capisco, che di fronte alle continue figuracce
collezionate, non si veda l’ora di gridare ai quattro venti un minimo di risultato raggiunto. Ma certe volte, come si sa, il silenzio è d’oro.

 
 
Si riportano di sopra: la norma proposta da Matteo Riva; la sua formulazione in sede di commissione il giorno giovedì 28 gennaio e l'articolo apparso ieri sul Giornale di Carate.
In modo che ciascuno ne tragga- come sempre-le proprie conclusioni.