martedì 18 aprile 2017

Il terzo bilancio (di lacrime e sangue) di Matteo Riva.


Approvato qualche settimana fa, il bilancio del giro di boa della Giunta Riva, mette a nudo la sempre più evidente difficoltà della maggioranza di muoversi all’interno dell’apparato normativo, regolamentare e della struttura comunale.

Oltre che per il metodo (non c’è stata nell'elaborazione del documento finanziario alcuna forma di coinvolgimento della cittadinanza prevista dai regolamenti di contabilità e dallo Statuto Comunale) il bilancio merita una secca bocciatura nel merito.

La maggioranza ha, infatti, riconfermato, per la terza volta, la scelta fatta nel luglio 2014, ad inizio mandato. quando (in sede di approvazione dei regolamenti IUC – TASI E TARI addizionale IRPEF) decise di portare “al massimo del consentito” le imposizioni fiscali.

Nonostante ci sia stato un leggero allentamento del patto di stabilità, non è stata diminuita la morsa della pressante tassazione.

Gli atti di programmazione economico- finanziaria degli ultimi tre hanno tutti un filo rosso: il continuo reperimento risorse.
La Giunta ha così accumulato “un tesoretto” da 9 milioni di euro.

Per che cosa, lo scopriremo solo vivendo.

Una scelta, quella di mantenere al massimo la pressione, da bocciare.
In primo luogo perché penso che il Comune non sia una società a scopo di lucro. Deve garantire, secondo i principi contabili, il pareggio di bilancio. Non sotterrare tesoretti.
Non si possono togliere a famiglie, imprenditori e professionisti (risorse che potrebbero servire a rilanciare consumi, investimenti e professionalità), per accumulare “soldi sotto il materasso” del Comune.

Non vorrei, poi, che la Giunta Riva, si facesse guidare dalla volontà di rimpinguare ulteriormente  i bilanci anche nella gestione di altri settori delicati e nevralgici dell’amministrazione comunale, come quello urbanistico.
Riproponendo la (deleteria) corsa all'incameramento degli oneri di urbanizzazione.

(Ri)proponendo quel perverso sistema che ha gettato, una quindicina di anni fa, le basi di quello che è diventato un vero e proprio assalto al territorio, che ha portato al deturpamento del paesaggio ed al conseguente peggioramento della qualità urbana. Oggi sotto gli occhi di tutti.
Ho vissuto/abbiamo vissuto in Brianza ed in Lombardia una stagione politica amministrativa- durata circa un decennio, dai primi anni 2000 fino al 2009 – che ha portato alla svendita del territorio per finanziare plurime attività e progetti che nulla avevano a che fare con la “creazione della città pubblica”

Un assalto al territorio, che spiace dirlo, è stato placato solo grazie alla crisi ha messo in ginocchio il settore dell’edilizia.
Ci sono dei valori – tra i quali in primis il territorio- che non possono e non devono essere sacrificati sull’altare del Dio denaro.
Spero che di questo, ne tenga ben conto la maggioranza che sta elaborando il nuovo Piano di Governo del Territorio.
Quando lo strumento urbanistico arriverà in quest’aula le scelte saranno oramai bel che fatte.
In sede di Consiglio Comunale ben poco si potrà modificare.
Sappiamo anche che sull'uso del territorio l’amministrazione ha ampia direzionalità: mi auguro che le esigenze di far cassa  non vengano – come ho visto molte volte fare in passato- invocate come alibi per soddisfare appetiti privati.
Si è parlato, nel corso della discussione sul bilancio, di una previsione di oneri sovrastimata (La somma indicata nel relativo capitolo sarebbe ben maggiore di quella oggettivamente recuperabile dagli oneri).

Non mi piacerebbe scoprire tra qualche mese che il gap di oneri è stato colmato con operazioni di contrattazione urbanistica.
Con accordi assunti sulla base di minacce urlate da privati di ricorsi o di risarcimenti di danni


Su questo sarò molto, molto vigile. Della serie “uomo avvisato mezzo salvato”  

venerdì 14 aprile 2017

Non solo un problema di foglie......



Quello della manutenzione del verde non è solo un problema di potatura delle piante.

Questo è quanto emerso grazie agli interventi di grandissimo respiro del dott. Carminati e del dott. Cirulli, autorevoli ospiti del Consiglio Comunale aperto dello scorso sabato, che ne hanno “ben” perimetrato l’oggetto.  

Il tema del “verde” ha profili di forte connessione con il tema dei rifiuti e, soprattutto, con il tema della pianificazione urbanistica e della tutela del suolo.
Superficie drenante. Invarianza idrica. Corridoi ecologici per il recupero della biodiversità, non  solo nei parchi ma nelle città.
Necessità di una corretta previsione dello standard, nella pianificazione attuativa. Il “sistema” del verde come elemento dal quale partire nella costruzione della città pubblica.
Ed ancora. 
La vegetazione (alberi, arbusti, prati) delle città come strumenti per tutelare la qualità dell’aria, utile alleato per combattere l’inquinamento; per difendere la nostra salute dal particolato fine (PM10 e PM2.5), dagli ossidi di azoto e di ozono. 

Questi alcuni degli spunti emersi nel corso del Consiglio Comunale che si è così trasformato (esattamente come era nelle intenzioni) in un primo laboratorio interdisciplinare.

Nato grazie alla denuncia di chi di potature si occupa (ovvero di Andrea Pellegatta) si è trasformato in un’opportunità per far sedere allo stesso tavolo amministratori, funzionari e cittadini.

La polemica si è trasformata in un’importante occasione di discussione e riflessione.

Per fare cultura e informazione.

Nell'amministrare una città occorre una visione globale che porti amministratori, uffici, parti sociali a ragionare non per compartimenti stagni, ma pensando ai vari ambiti di “pianificazione e gestione” come a dei vasi comunicanti: con sempre ben chiara "in testa" la necessità di favorire la “transizione” verso modelli economici ambientalmente più sostenibili.

Per tutelare il territorio, il patrimonio arboreo, per il bene comune.

Perché dal bene comune dipende la qualità della nostra vita; bene minacciato dagli appetiti/interessi particolaristici dei singoli (Cittadini con la sindrome del nimbi che si “muovono” solo se e quando viene “toccato” il loro particolare interesse).

Una necessità, quella di adottare modelli ambientalmente più sostenibili, che sta lentamente entrando anche nei palazzi romani, e che (ha spinto) sta spingendo progressivamente il legislatore ad inserire anche negli appalti  “regole che “premino gli aspetti ambientali”

Costringendo le pubbliche amministrazioni (che per definizione sono molto restie ad adeguarsi alle novità ed ai cambiamenti) a fare la loro parte.

Emblematica in tal senso di quella che rappresenta una vera e propria chiave di svolta per la diffusione di modelli di economia circolare: il Collegato ambientale del 20015

Nel dicembre 2015 con la Legge n. 221/2015 sulla Green economy, il Legislatore ha, infatti, obbligato le  stazioni appaltanti, ad applicare i CAM (criteri ambientali minimi), stabiliti da appositi decreti del Ministero dell’Ambiente

Detto in altri termini il Collegato ambientale – con una norma che poi è stata inserita nel codice dei contratti pubblici - impone alle pubbliche amministrazioni, di inserire  nei documenti di gara delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali che premino gli “aspetti ambientali”


Una vera e propria rivoluzione copernicana, che supera il mero criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.