lunedì 25 gennaio 2016

La verità Ti fa male lo so......


Il Vicesindaco Nespoli, evidentemente stizzito dal fatto di essere stato colto con le mani nella marmellata, sul Cittadino di sabato con un triplice salto mortale carpiato, tenta di rimescolare le carte, accusandomi addirittura di aver sbagliato nell'imputare  al Sindaco una brusca retromarcia.

"L'amministrazione, - queste le testuali parole apparse sul giornale - anche recependo la richiesta proveniente da tutti i gruppi di opposizione consiliare, ha deciso di confermare la costituzione a parte civile" "vista anche l'impugnazione della condanna da parte della pubblica accusa  - ha detto il vicesindaco Emilio Nespoli " 

Ora, leggendo le affermazioni del ViceSindaco, e  confrontandole con quelle scritte da Matteo Riva esattamente un anno fa, mi viene il ragionevole dubbio che i due facciano parte di due Giunte diverse.






Quanto alle affermazioni di di Nespoli: che il Comune sia formalmente sempre rimasto parte civile, è fatto incontestabile.
Esattamente come lo è il fatto che non aveva (nonostante le richieste delle opposizioni)  alcuna intenzione di coltivare il giudizio: la riprova?

Il conferimento in zona cesarini dell'incarico legale di patrocinare il Comune.
DATA della sentenza RIVA-PONZONI :  aprile 2014
DATA dell'interrogazione mia e del Consigliere Tagliabue e della risposta dicembre 2014
DATA della citazione della Corte di Appello novembre 2015
DATA dell'udienza 27 gennaio 2016;
Conferimento all'avvocato dell’incarico - determina del  giorno giovedì 21 gennaio 2016
Importo € 4.480,00 .
A meno di una settimana dall'udienza...


Per chiudere all'Assessore Nespoli dedico questa canzone dell'intramontabile Caselli

martedì 19 gennaio 2016

La marcia preferita del Sindaco Matteo Riva: la retro.


La retro si conferma a quasi due anni dalle elezioni, la marcia preferita del Sindaco "del cambio verso".

 
Tirato per la giacchetta dal Presidente della Corte di Appello, alla fine, Matteo Riva è stato costretto ad una brusca retromarcia ed a costituirsi parte civile davanti alla Corte di Appello nel processo che vede coimputati, tra gli altri, l’ex Sindaco Franco Riva e l’ex enfant prodige di Forza Italia, Massimo Ponzoni.

Con decreto dello scorso 13.11.2015 la Seconda Sezione penale della Corte di Appello ha, infatti, citato il Comune di Giussano ad essere presente all’udienza del prossimo 27 gennaio 2016. 

Il decreto obbliga il Sindaco a rimangiarsi quanto detto solo un anno fa allorquando, nel dicembre 2014 in risposta ad una mia interrogazione, aveva affermato in modo lapidario l’intenzione della Giunta di non proceder all’impugnazione autonoma” della sentenza resa contro Franco Riva e Ponzoni né “alla presentazione di richiesta motivata di impugnazione al Pubblico Ministero“ per sollecitare l’autonoma impugnazione da parte del PM, come la legge consente. 

Il tutto, stando alle parole del Matteo da Giussano, per evitare di gravare il “Comune di spese legali per il mantenimento di una posizione processuale di esito incerto…”

Non era a suo tempo servita a far cambiare idea al Sindaco (che ha iniziato la sua ascesa politica, allora ventenne, proprio nella Lista di Franco Riva) neppure l’aver saputo della disponibilità di un collega penalista a patrocinare gratuitamente il Comune.

Un’ offerta (poi formalizzata con una mail inoltrata al sindaco con tanto di curriculum), gentilmente declinata in quanto – queste le testuali parole proferite dal Vicesindaco Nespoli (candidato anche lui nella lista di Franco Riva) durante il Consiglio Comunale del 16 dicembre -: “La presenza dell’avvocato non è necessaria e mi sembra che ci sia giurisprudenza pacifica.

La giurisprudenza citata da Nespoli però tanto pacifica evidentemente non deve essere se la Giunta, facendo il passo del gambero, ha oggi deciso di dare mandato ad un avvocato per costituirsi parte civile.

Perdendo un anno fa l’occasione di impugnare la sentenza. E dovendo, oggi, sborsare risorse pubbliche per pagare un avvocato.

 

 

Premesso il richiamo al Sacrosanto principio della presunzione di innocenza posto dall’art. 27 della Costituzione, richiamo e riporto di seguito – perché ognuno ne tragga le sue conclusioni -  l’interrogazione presentata nel dicembre 2014; l’estratto del mio intervento durante il Consiglio Comunale del 16 dicembre 2014 (pag. 6 segg)
e la risposta del Vicensindaco (Nell’intervento non è indicato il nome, ma nel caso di contestazione-…sarò ben felice di chiedere in Comune le registrazioni).

 

 


 
 
 
 
"Da: Emanuela Beacco [mailto:avv.emanuela.beacco@gmail.com]
Inviato: martedì 20 gennaio 2015 11:09
A: Sindaco Comune di Giussano
Oggetto:
 
Come anticipato nel corso del consiglio Comunale si allega il curriculum dell'Avvocato Meregalli, sottoscritto e completo di autorizzazione al trattamento dei dati personali  (Curriculum peraltro già a Vostre mani)
Cordiali saluti
Emanuela Beacco
"




martedì 5 gennaio 2016

Matteo Riva come l'Eccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia


Tra un brindisi e l'altro, il buon Matteo Riva pare essersi ricordato del problema dei botti di capodanno.  


Con un tempismo degno del miglior Cesarini, il 28 dicembre il Primo Cittadino ha quindi vietato - in tutto il territorio comunale - dal 30 dicembre 2015 al 6 gennaio 2016, l'uso e  l'accensione di fuochi d'artificio.


L'emanazione dell'ordinanza (indubbiamente pregevole negli intenti) mi ricorda tanto le grida di manzoniana memoria. Tanto roboanti quanto inefficaci.

Non solo, infatti, il Sindaco pare essersi scordato di attribuirgli efficacia pubblicandola sull'albo pretorio (la pagina web non mi risulta sostitutiva dell'albo pretorio!), ma dalle dichiarazioni apparse sulla stampa non risulta sollevata - a causa della latitanza di controlli - nessuna sanzione. 

Eh si che di botti, in giro, se ne sono sentiti non pochi!

Al buon Riva dedico questo bell'estratto del testo del Manzoni, nella speranza che lo Spirito del Natale, la Befana ed i Re Magi  nel 2016 lo riportino tra di noi.



Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull’omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d’un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d’ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de’ bravi .


Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne 
avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante de’ suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa vitalità.


Fino dall’otto aprile dell’anno 1583, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi... i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s’appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a’ renitenti [5], e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà, per l’esecuzione dell’ordine. Ma, nell’anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuori un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale, tra l’altre ordinazioni, prescrive:
Che qualsivoglia persona, così di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler essere obbedita da ognuno.


All’udir parole d’un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d’un signore non meno autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. È questi l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore di Sua Maestà, Duca della Città di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell’anno 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno 1598,informato, con non poco dispiacere dell’animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero di questi tali(bravi e vagabondi), né di loro, giorno e notte, altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra qualità di delitti, ai quali si rendono più facili, confidati essi bravi d’essere aiutati dai capi e fautori loro... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte alcuna alla grida presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, proverà il rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata che questa sia l’ultima e perentoria monizione.
Non fu però di questo parere l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch’essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
Convien credere però che non ci si mettesse con tutta quella buona voglia che sapeva impiegare nell’ordir cabale [6], e nel suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece perder più d’una città; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui fece perder la testa; ma, per ciò che riguarda quel seme tanto pernizioso de’ bravi, certo è che esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell’anno 1612. In quel giorno l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo. A quest’effetto, spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed accresciuta, perché la stampassero ad esterminio de’ bravi. Ma questi vissero ancora per ricevere, il 24 decembre dell’anno 1618, gli stessi e più forti colpi dall’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però, non essendo essi morti neppur di quelli, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di don Abbondio, s’era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due giorni prima di quel memorabile avvenimento.
Né fu questa l’ultima pubblicazione; ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell’anno 1632, nella quale l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c’era de’ bravi tuttavia