venerdì 16 settembre 2016

Quando ci si dimentica che “La terra non è eredità ricevuta dai nostri Padri, ma un prestito da restituire ai nostri figli”

24 agosto 2016 - ore 3.36. Nel cuore della notte, la terra trema.
In quasi 300, tra uomini, donne e bambini, rimangono schiacciati, senza vita, sotto le macerie. Altrettanti i feriti. Una scuola elementare (quella di Amatrice), ristrutturata solo qualche anno fa, con i fondi pubblici del terremoto dell’Aquila, si sbriciola come un biscotto sotto i colpi delle scosse. E mentre l’Italia, ancora una volta, piange con funerali di Stato i propri morti, si scatenano le polemiche. Ci si strappa le vesti aprendo il vaso di Pandora (a tutti noto) degli inciuci tra politica; tecnici e chiaccherati costruttori. La Procura di Rieti vuole vederci chiaro perché la responsabilità di quei corpi morti, straziati dal sisma non può ( e non è) solo colpa della natura. E neppure della fatalità.
E’ colpa dell’uomo. E della sua avidità.  E così a Rieti si apre un fascicolo per disastro ed omicidio colposo. Un’inchiesta destinata  a diventare - purtroppo - l’ennesimo mistero italiano .
Un film, quello andato in scena lo scorso agosto, che si ripete, con il medesimo copione, ad ogni calamità naturale.
Una grigia e drammatica pellicola che si chiude con lo stesso tragico e triste finale. Passata l’emergenza; celebrati i funerali di Stato, ci si dimentica dei morti.
E si ricomincia tutto da capo. I comuni autorizzano interventi in zone umide e soggette ad esondazione. Nell’elaborare i piani urbanistici ci si dimentica della sensibilità paesistica e geologica dei siti.
Si sacrifica il suolo sull'altare degli oneri di urbanizzazione. Si tolgono tutti i controlli in nome di una asserita e tortuosa semplificazione.
Il tutto in attesa del prossimo (annunciato) dramma.
Il territorio ci presenta, così, il conto della mala gestione di una classe politica cieca e priva di lungimiranza.
In Lombardia; in Brianza negli ultimi 20 anni – complice il boom dell’edilizia- il territorio è stato violentato, ed ad oggi manca un’amministrazione, anche a Giussano, capace di invertire la tendenza.
A distanza di oltre due anni dal suo insediamento, la Giunta di Matteo Riva – disattendo le promesse elettorali sullo stop al consumo di Suolo - non è stata ancora in grado di avviare un completo iter di revisione dello strumento urbanistico (che dai banchi dell’opposizione aveva sonoramente bocciato).
Lo scorso agosto – ormai a metà mandato-  ha, infatti, avviato una variante puntuale al Piano di Governo del Territorio, limitata però al solo  c.d. “ ambito di trasformazione Tr7” che va da Piazza S. Giacomo a Piazza Repubblica, sul quale si prevede di  realizzare un parco cittadino con l’eliminazione dei volumi pubblici esistenti nell’attuale PGT  e la riqualificazione del fatiscente manufatto che oggi si affaccia su Piazza S. Giacomo.
Un edificio che - come dissi in tempi non sospetti – riqualificherei e trasformerei assumendo come modello l’Arengario di Monza. 
Una soluzione, quella proposta dalla variante urbanistica dell’Assessore Bellotti, estremamente condivisibile nella sua semplicità, ma che pare un po’ pochino per una Giunta che ambiva a rivoluzionare il territorio.  

E’ calato, ad esempio, un imbarazzante ed assordante  silenzio sulle aree nel Parco Valle Lambro di proprietà Lamplast, cavallo di battaglia della campagna elettorale del 2014.   Nè si sa se e come l’attuale maggioranza intenda intervenire sugli ambiti di trasformazione che prevedono l’edificazione di suolo oggi ancora libero. Per dire stop alle nuove costruzioni.

Ancora una volta la montagna ha partorito il topolino.