mercoledì 16 luglio 2008

Traffico di organi: un'anomalia tutta italiana

Siamo davvero un popolo strano.
Siamo il paese dove i migliori nostri cervelli fuggono all’estero e siamo lo stesso paese che si affanna ad importare dall’estero, coprendoli d’oro, i meglio marpioni della pedata. Esportiamo cervelli e importiamo piedi. Nel traffico d’organi non ci facciamo certo un affare …” (da "Vedo Buio" di Alberto Patrucco).
Ecco sintetizzate in poche righe, in modo canzonatorio ed ironico, uno dei grandi problemi del bel Paese: la fuga dei "nostri migliori cervelli", il costante esodo dei giovani talentuosi che lasciano l’Italia per affermare altrove, nel resto del mondo, la propria professionalità.
Un'incessante perdita di "risorsa lavoro", metaforicamente, un' "emorragia di capitale umano".
Secondo i dati OCSE gli italiani altamente qualificati che vivono all'estero sarebbero 300 mila (di cui il 45% in Nord America (32% negli USA e 12,6% in Canada) ed il 40% in Europa: Francia (9,3%), Regno Unito (8%), Svizzera (6,9%) e Germania 6,2%)
Il Consolato di Bruxelles stima in Belgio la presenza di 6.000 professionisti operanti presso le istituzioni internazionali e le grandi aziende italiane.
I dati dell’Unione Europea parlano di circa 34 mila espatriati italiani che lavorano nel campo della scienza e della tecnologia (S&T) negli altri paesi del Vecchio Continente.
Tante, troppe preziose risorse sottratte al sistema economico e produttivo italiano.
Ebbene, nel mio week end romano (la due giorni all’Assemblea de IMille alla quale ho assistito su cortese invito di Paolo) ho avuto il piacere di conoscere alcuni di questi “cervelli” in fuga.
Trentenni, o giù di lì, che da anni lavorano all’estero: in Francia, Olanda, America.
Coetanei di fronte ai cui curricula il mio non può che timidamente impallidire.
Giovani come Riccardo, ricercatore CNRS a Parigi in chimica-fisica teorica applicata a problemi di tossicologia nucleare ambientale;
Gianluca, da Grottaglie a New York, importante dirigente di un fondo investimenti;
Filippo che, dopo aver conseguito una laurea in fisica e un dottorato in Ingegneria, lavora presso l’Università di Amsterdam; Giuseppe, giovane intellettuale calabrese – dai toni gentili e pacati - trapiantato a Londra ... e molti, molti altri, un elenco lungo da raccontare.
Parlando con loro scopri che, a dispetto del comune sentire, l’"emorragia di capitale umano" che dissangua il bel Paese, non riguarda esclusivamente i ricercatori Universitari. Ti accorgi, con una sorta di doccia fredda, che le fughe dei "cervelli" non sono solo legate agli insufficienti investimenti nel settore della ricerca scientifica ed universitaria;
realizzi che il mondo è pieno di giovani italiani di talento, professionisti, imprenditori, lavoratori del settore della ristorazione, del turismo che decidono di cercare altrove quelle occasioni di crescita professionale che l’Italia, ingessata socialmente e politicamente, gli nega.
Chissà, se non fossi nata nella produttiva ed operosa Brianza, forse sarei stata costretta a fare la stessa scelta.
Qualcuno, un po’ ingenuamente, potrebbe sostenere che non è un grosso problema, che “il corpo Italia” non morirà dissanguato, che comunque riuscirà a sopravvivere, che l’emorragia è curabile con delle consistenti trasfusioni “di flusso migratorio in entrata” ; che il saldo emigrazione/immigrazione sarà alla fine positivo.
Certo in termini astratti lo si potrebbe pure dichiarare.
Ma sappiamo tutti che, purtroppo, non è così.
Dall'Italia scappano brillanti professionisti, acuti ricercatori, dinamici imprenditori; vi arrivano “disperati”, che per fuggire alla fame, alla guerra che li attanaglia, intraprendono i viaggi della speranza, in condizioni disumane, su imbarcazioni improvvisate che spesso li conducono alla morte.
Poi penso alla situazione economica dell’Italia, ai nostri salari medi, al precariato e mi convinco che solo un disperato, appunto, potrebbe decidere sponte sua di venire da noi.
Mi chiedo, infatti, quale giovane – se non chi tenta di fuggire a morte certa – potrebbe accettare di lavorare come schiavo nelle piantagioni pugliesi (come denunciato qualche tempo fa da Fabrizio Gatti) o chi sarebbe disposto a rischiare, quotidianamente, la pelle in cantieri edili nei quali la sicurezza è un optional.
Chi potrebbe ambire a percepire la retribuzione italiana media? Quale ricercatore straniero, quale professionista potrebbe accettare di lavorare per 1.000,00 € al mese ?
Uomini e donne in fuga dalla guerra e dalla fame, utilizzati come manovalanza non specializzata (come accade nel settore dell'edilizia che ha sempre più bisogno di lavoratori di bassa qualifica) badanti. Lavori - diciamocelo - che nessun italiano vuole esercitare: ecco i soli giovani che potrebbero sognare un futuro da noi ….
E allora che fare? Come determinare un ‘inversione di rotta?
Riccardo, Gianluca, Filippo, Giuseppe, e tutti gli altri "cervelli in fuga", lo scorso week end, sono tornati - a proprie spese - da ogni parte del Mondo in Italia, per raccontare al Partito Democratico le loro idee, per mettere generosamente a disposizione del Pd le loro competenze ed esperienze, per far, in qualche modo, rimpatriare i loro "cervelli" … speriamo che, almeno questa volta, qualcuno si prenda la briga di ascoltarli.
0.02 Pubblicato da emanuela

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Qui c'è bisogno di fermare il cuore che vorrebbe darsi alla fuga. Almeno il mio corpaccione ha deciso di resistere ad un paese che non sa cosa farsene nè di cervelli nè di cuori. Forse corpi, immaginando quali parti. Sicuramente piedi.

emanuela ha detto...

resistere, resistere, resistere...

EN ha detto...

Attenzione, chi ha lavorato nella ricerca, sa che la fuga dei cervelli fa comodo anche ai cervelli stessi.
Esempio, è vero che negli USA i ricercatori sono meglio pagati, ma in realtà sun uno stesso argomento sono meno.
E la concorrenza è non feroce, ferocissima, è (come deve essere) un ambiente spietato e notevolmente competitivo.
In Italia invece, pur essendo nel totale meno, i ricercatori sono tutti su pochi argomenti, che interessano quasi nessuno in quanto non vengono sistematicamente raccolti gli stimolo del mondo professionale.
A molti ricercatori, l'assenza di competizione nella ricerca italiana, che fa molti ricercatori sugli stessi argomenti e molti posti presi "per sfinimento" ovvero spesso i concorsi si vincono "perchè dopo tanti anni che collabora con me, che dovevo fare?"
Quindi, non è tutto oro quello che luccica, la ragion per cui questa faccenda della fuga dei cervelli non si arresta, parzialmente sta nel fatto che agli "altri" meno dotati e quindi da espellere, fa invece comodo il basso livello dell'università e il sistema di clientele che le regola.
Vi ricordate il servizione di Report sull'università di Bari?
Tutti figli, fratelli, nipoti, eppure tutti bravissimi preparatissimi, etc.
Negli USA un ricercatore che non produce e che si dimostra incapace viene licenziato, in Italia essendo i ricercatori dipendednti pubblici, basta una qualunque pubblicazioncina ogni tanto e si rimane in sella in quanto il dipendente pubblico è (come sappiamo) santo e intoccabile, per la gioia dei sindacati.
Consiglio a "pac" di resistere ma di avere il coraggio di non nascondere quando se ne parla i "difetti" ai quali sopra eccennavo.
Nei dipartimenti, bisonga avere il coraggio di isolare i colleghi fannulloni e "ben inseriti".
Ai convegni, le pubblicazioni insipienti vanno massacrate e la loro pubblicazione contrastata.
Ma credo che "pac" sappia di cosa sto parlando......

emanuela ha detto...

..i soliti "vizietti" italiani...

Filippo Zuliani ha detto...

Ti ringrazio della citazione, Emanuela. Io pero' non mi definisco un cervello in fuga, termine che trovo oltromodo snob, io preferisco definire me e quelli come me come Espatriati del terzo millennio.

I Cervelli in fuga, pardon gli espatriati del terzo millennio non sono piu' un fenomeno puramente universitario come 10-15 anni fa. Oramai il "contagio" tocca anche e soprattutto il capitale umano nel mondo lavorativo. co.co.pro, finte partite iva, impreditori buzzurri e un mercato del lavoro che definire depresso e' un eufemismo costringono molti all'espatrio. Io ho deciso di lasciare il mondo accademico, salvo scoprire che il mercato lavorativo italiano e' orrido e corporativo come quello universitario.

Basta considerare le PMI come la risorsa d'italia. Le fabbrichette di papa', consegnate al figliocco chiavi in mano e totalmente chiuse al concetto di merito e accountability sono invece una delle piu' grandi iatture d'italia. Quando ce ne renderemo conto e a sinistra cominceremo a favorire la grandi imprese e/o aggregati similari e ad interessarci al mercato del lavoro sara' sempre troppo tardi per la sinistra italiana.

emanuela ha detto...

Purtroppo, hai ragione. La sinistra, il pd si preoccupano troppo poco del mercato del lavoro (o meglio hanno un concetto datato dello stesso). Sono fermi a schemi obsoleti di "categorie in difficoltà". Il problema della 4° settimana riguarda, infatti, anche il popolo delle partite iva, dei giovani professionisti... Ad esempio, è tempo di sfatare il luogo comune che per il libero professionista (l'avvocato, piuttosto che l'architetto)"la strada sia solo in discesa"...
E' una grossa menzogna (o meglio vale solo, anche in questo caso per i figli di papa', per chi subentra nello studio del padre...)... sarebbe sufficiente chiedere ai giovani avvocati il loro reddito netto mensile medio per capire qual è la reale situazione. Occorrerebbe, ad esempio, riformare l'accesso ai corsi di laurea.. ...ma come al solito, la politica, certe cose, preferisce far finta di non vederle..

Unknown ha detto...

ma allora lo hai un blog!

Ciao cara..

Riccardo ha detto...

e si giuseppe, vedi che l'aggregatore inizia già dare i suoi effetti positivi?

emanuela ha detto...

... è veramente un piacere sentirvi!