In questa breve pausa di riflessione che ci separa dal voto, vorrei,
allontanandomi dallo scenario italiano per non turbare lo spatium deliberandi elettorale, riflettere su un problema di cui poco si è parlato, ma che potrebbe correre il rischio di trasformarsi in un nuovo e grande dramma.
In un rapporto presentato nella giornata di ieri, la Fao, l’Organizzazione delle
Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha denunciato l'aumento, verificatosi nel corso dell'ultimo anno, del 100% del prezzo internazionale di alcuni generi primari, quali il grano e il riso.
L'inflazione degli alimentari (dovuta a molte cause, incluse ragioni speculative
- la crisi delle borse ha, infatti, spostato molti capitali sulle materie prime, con conseguente notevole rialzo dei prezzi) colpisce maggiormente le popolazioni povere, poiché la spesa per procurarsi il cibo costituisce una quota molto più alta del totale del loro budget.
Infatti, mentre "La spesa per il cibo rappresenta - come ha detto Henri Josserand, del Sistema mondiale d'informazione e preavviso rapido della Fao - solo il 10-20% della spesa complessiva del consumatore dei Paesi industrializzati, ... per il consumatore dei Paesi in via di sviluppo può arrivare a rappresentare sino al 60-80% del totale".
Ciò che molti di noi percepiscono come un mero fastidio, e che per altri diviene una seria difficoltà, per i paesi del Terzo Mondo rischia di trasformarsi in un vero e nuovo dramma.
In alcuni paesi africani si sono già verificate delle rivolte. Non occorre essere dei grandi statisti per capire che una delle conseguenze di questa crisi potrebbe essere un ulteriore incremento dei flussi migratori.
Di fronte alla fame, alla disperazione di vedere morire, a poco a poco, di fame i propri figli, alla speranza di trovare un modo per sottrarli alla denutrizione che quotidianamente li divora, non c'è Bossi-Fini che tenga. E di fronte alla tragedia della fame, il livore contro gli immigrati, mostrato da alcune forze politiche, rischia solo di apparire del tutto fuori luogo.
3 commenti:
L'aumento dei prezzi dei cereali su base mondiale è la conseguenza dell'introduzione sul mercato dell'auto di mezzi a bio-combustibile. Il sistema produttivo non è preparato a reggere questa impennata di domanda e quindi, per il più classico degli schemi economici di domanda-offerta, i prezzi sono andati alle stelle.
Pensare al bio-combustibile come soluzione all'inquinamento e al progressivo esaurirsi delle riserve petrolifere si sta dimostrando una sciagura.
E' ora di passare seriamente alle energie rinnovabili!
In effetti quello che tu poni è un problema serio.
Se non erro, l'ONU qualche tempo fa, aveva anche chiesto di rimandare di 5 anni l’introduzione dei biocarburanti ottenuti da generi alimentari, proprio per evitare che la conversione di mais, grano e zucchero in cibo per le macchine facesse lievitare i prezzi del cibo, della terra necessaria a coltivarlo e dell’acqua indispensabile per farlo crescere.
E' evidente che si tratta di un problema molto serio, e che, come tale, deve essere affrontato.
Posta un commento