Con me sono saliti sulla vettura una decina di uomini, tutti apparentemente - almeno stando alla loro fisionomia - "extracomunitari". Mi sono guardata intorno, ero sola, e la mia mente è stata attraversata da mille paure. Ho rivisto, come in un film, gli innumerevoli episodi di violenza (con protagonisti tutti rigorosamente stranieri) denunciati negli ultimi giorni dalla cronaca nera.
La violenza sulla studentessa Americana a Milano, e su quella del Lesotho a Roma (con il relativo corollario di sospetti - cfr. anche qui), la romena sequestrata a Milano, lo stupro di Teramo,… Ho addirittura pensato di scendere, utilizzare un altro mezzo o aspettare il treno successivo.
E’ da quasi 15 anni che mi sposto, anche la sera, a piedi per la mia città e con i mezzi pubblici, eppure non ricordo di avere mai provato un sentimento simile, nemmeno le numerose volte in cui ho attraversato, in treno, l’intera Italia per tornare a Casa.
Mi sono sentita improvvisamente fragile, indifesa. Ho temuto il peggio. Benché sia ormai passato qualche giorno, continuo a pensare alla mia reazione, tanto irrazionale quanto ingiustificata, e quasi me ne vergogno.
Mi ronzano nella mente le parole di Tahar Ben Jelloun nel suo "Il razzismo spiegato a mia figlia”: il razzismo “consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone con caratteristiche fisiche e culturali diverse”.
Diffidenza, ecco il primo step. Sospetto, magari per degli uomini che dopo una giornata di lavoro si apprestavano, semplicemente, a rincasare.
E come avrei potuto reagire diversamente di fronte alla cronaca delle ultime settimane, che racconta di una vera mattanza, di 13 stupri al giorno ... anche se poi la stampa omette, accuratamente, di precisare che la maggior parte delle violenze sulle donne avviene proprio in ambito familiare, ad opera di ex mariti o fidanzati.
Ma si sa, la paura rende labile ogni distinzione. Troppi gli episodi di macabra ed inaudita violenza, troppi anche per la più emancipata, incosciente e spregiudicata delle donne.
E poi come restare indifferenti di fronte alle reazioni della politica che si è messa strumentalmente a soffiare sul fuoco dell’allarme sociale, nella speranza di lucrare qualche voto in più, come accaduto nella campagna elettorale per le recenti elezioni romane?
Ecco l'altra amara realtà di cui prendere atto: "La paura cessa d'esser problema e diventa soluzione, investimento politico. - ben sottolinea Barbara Spinelli, nel suo articolo dall’eloquente titolo il Villaggio della Paura - I giornali fanno la loro parte, un po' per vendere un po' per conformismo. Quasi non sembrano accorgersi della manipolazione che subiscono, dei profitti che politici e imprese private traggono dalla paura”, dalla paura che insinuano nei cittadini, e soprattutto nelle donne.
Suvvia, lo sappiamo bene che non servono a nulla gli allarmismi, se non a renderci meno libere nei nostri movimenti, ed a fomentare demagogicamente l’odio che, inutile negarlo, è contagioso e genera solo spirali di violenza.
Quello dell' (in)sicurezza - reale o percepita che sia - è un problema serio, non un gioco da piegare alle contingenti esigenze elettorali.
E come tale va affrontato e risolto. Per combattere reati così spietati ed efferati servono sanzioni penali più severe ( almeno 15 anni di reclusione, invece dei 5 - 10 anni oggi previsti per la violenza sessuale, che si riducono a soli due nel caso di "mero"tentativo, la pena troppo tenue è un deterrente insufficiente) e soprattutto certezza nella loro esecuzione.
Lo scriveva già nel 1700 Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” che "Uno dei più gran freni dei delitti .. è ... l’infallibilità" delle pene, "La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggior impressione che non il timore di un altro più terribile, unito con la speranza dell’impunità". Niente sconti di pena, niente indulti a chi distrugge la vita di una donna.
E non mi si liquidi con l’accusa, che in genere si rivolge a chi rifiuta l’equazione extracomunitario = delinquente, di “essere buonista".
Non lo sono per nulla. Tutt’altro.
La criminalità va tenacemente combattuta. Su questo nessuno sconto. Rivendico a gran voce il diritto di tornare a camminare serenamente per le vie della mia città, aspettare il pullman sotto lo studio alle otto di sera, prendere la metropolitana in tutta tranquillità, senza l’angoscia di dovermi guardare continuamente alle spalle e senza vedere in ogni straniero, uno stupratore od un violentatore.
Questo esigo dallo Stato, non certo il braccialetto elettronico, un accessorio - non me ne voglia Rutelli - che preferirei non indossare...
2 commenti:
mi permetto una battuta per sdrammatizzare un tema profondo..."voglio anche io il braccialetto elettronico" Anche se in misura molto minore si sente in tv di extracomunitari che assaltano ragazzi italiani per dar sfogo alle loro pulsioni". Si voglio anche io il braccialetto. Sennò sarebbe discriminzaione di genere ahahahahaha
seriamente...il problema non è molto difficile. Commetti un reato. Paghi. Semplice no?
A prescindere dal colore della pelle, dalla religione, dal numero di scarpe...chi sbaglia paga...è una massima che insegnano fin da piccoli!!
E' stato facile cavalcare a fini elettorali l'equazione extracomunitario=delinquente. equazione sbagliata che implica,se attuata con un piano di espulsioni, la paralisi del sistema Italia per mancanza di lavoratori. ahhh però dimenticavo che ora il governo reintrodurrà leggi che concederanno agevolazioni fiscali e facilitazioni nelle assunzioni ai coniugi con molti figli, distribuirà premi di nuzialità e premi per la prole numerosa.....ok, siamo apppposto!
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