Dibattito culturalmente ricco ed emotivamente intenso, quello che si è svolto sabato mattina a Giussano, nella sala consiliare, promosso dall’Assessore ai Servizi Sociali del Comune di Giussano, Alberto Elli, in collaborazione con il Mosaico, l’Associazione, vivacemente attiva sul nostro territorio, impegnata nella promozione dello sviluppo di una cultura della solidarietà attenta alle "diverse abilità".
Tema dell'incontro “La città del Signor D”.
Ma non vi tragga in inganno il titolo. Infatti, sabato non si è parlato di una città in senso fisico, di case, edifici e strutture, ma di una città fatta di persone, di reti relazionali, di solidarietà, nella quale spetta al Comune - come ha ben ricordato l’assessore Elli “l’ente più vicino alla cittadinanza, l’ente locale che rappresenta la propria comunità, che ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo"- la “ cabina di regia” per abbattere le barriere culturali, sviluppare buone pratiche, rimuovere quegli ostacoli che acuiscono le sofferenze dei disabili.
Dopo la presentazione del bilancio sociale da parte dell’Assessore Elli e l’appassionata relazione sulla mappa dei bisogni della Prof.ssa Roberta Garbo, docente della Facoltà di Scienza della Formazione, Università degli Studi di Milano-Bicocca, si è aperta la fase del dibattito, nella quale si sono alternati interventi commuoventi, come quello di M. che, con rabbia (una giusta rabbia) ha ricordato le difficoltà, dovute soprattutto alle molte barriere culturali ancora presenti, che quotidianamente incontra chi è disabile nell’accesso al mondo del lavoro.
Come quello di un papà che ha sottolineato la necessità per il figlio disabile di costruirsi relazioni sociali; di essere inserito in una comunità, luogo di accoglienza per il ragazzo e sostegno morale per la sua famiglia. Che ha, con tono emozionato e commosso, ricordato l’importanza di avere operatori che svolgano il loro lavoro con professionalità ed amorevolezza, requisiti tra di loro inscindibili e inseparabili.
Si è discusso, anche, del “dopo di noi”, del progetto di accompagnamento e di assistenza agli adulti con disabilità, progetto che nasce dall’esigenza di fornire una risposta concreta all’angosciante domanda “che ne sarà dei nostri figli, quando noi non ci saremo più?” .
Uno sguardo attento al futuro, ma con un occhio rivolto al passato, per preservare la memoria storica delle battaglie che da oltre 30 anni impegnano i genitori dei ragazzi disabili e grazie alle quali sono stati riconosciuti ai diversamente abili quei diritti che oggi appaiono scontati, come, ad esempio, il loro inserimento nelle strutture scolastiche.
Diritto che spesso i genitori dei “ragazzi normali” (che cosa sarà poi la normalità?) vorrebbero mettere in discussione sulla base di un egoistico timore che la presenza di un ragazzo disabile possa, in qualche modo, pregiudicare o limitare la crescita culturale dei propri figli.
Come se la diversità non costituisse una ricchezza, come se la solidarietà, l’attenzione verso il più debole, l’aiuto offerto a chi è più fragile, non fossero valori fondamentali da trasmettere fin da piccoli, virtù capaci di trasformare dei bambini, magari un po’ viziati, in adulti generosi e responsabili.
Bell’incontro quello di sabato, che avvia un progetto innovativo da esportare in altre realtà comunali.
Peccato, però. Peccato che vi fossero per lo più “ i soliti addetti ai lavori”.
Peccato soprattutto che mancassero proprio loro, gli imprenditori.
Ricorda Enrico Montobbio, uno dei massimi esperti dell'inserimento dei disabili nel mondo del lavoro: “ Un giovane disabile ... non è una persona
malata, ma una persona e basta …
una persona con tutti i bisogni di normalità propri
di ogni individuo. Si tratta di esigenze di normalità affettiva, educativa ed esperienziale.
Quante volte, invece, la vita di un disabile si dipana all’insegna
di una “normalità negata”, che lo lascia nel bozzolo di un’infanzia perenne
dove è difficile costruirsi una propria identità, una dimensione sociale.
Un lavoro o, più esattamente, l’assegnazione di un ruolo, un ruolo sociale
attivo, è condizione essenziale per un’identità accettabile, anzi: l’unica vera
riabilitazione possibile”.
Speriamo che qualche imprenditore illuminato prima o poi lo comprenda ...
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