Le donne, durante la resistenza, presero parte ai combattimenti, e fecero la loro parte. Ma poi alla sfilata del primo maggio fu loro impedito di prendere parte al corteo.
"Comincia così la storia nuova d’Italia. C’è, nei confronti delle donne che hanno partecipato alla Resistenza, un misto di curiosità, di ammirazione e di sospetto."
Ogni volta che rileggo questo pezzo, ripenso a quelle donne, non posso che commuovermi
E la storia, tutto sommato, è sempre la stessa....
.E la storia, tutto sommato, è sempre la stessa....
Scrive Miriam Mafai:
Il Primo maggio del 1945 in tutte le città del Nord si celebrano insieme la festa del Lavoro e quella della Liberazione.
Sfilano i partigiani. Sfilano tra due ali di gente in festa, le ragazze con gli occhi lucidi, i bambini sulle spalle dei padri, le finestre aperte e imbandierate. Comincia per l’Italia una storia nuova.
Sfilano i partigiani delle varie formazioni, con i loro fazzoletti rossi o verdi, le loro bandiere e le armi a tracolla. Con la sua formazione si trasferisce a Torino anche Trottolina, la staffetta del comandante Nanni che aveva passato più di un anno in montagna.´
Sfilano i partigiani. Sfilano tra due ali di gente in festa, le ragazze con gli occhi lucidi, i bambini sulle spalle dei padri, le finestre aperte e imbandierate. Comincia per l’Italia una storia nuova.
Sfilano i partigiani delle varie formazioni, con i loro fazzoletti rossi o verdi, le loro bandiere e le armi a tracolla. Con la sua formazione si trasferisce a Torino anche Trottolina, la staffetta del comandante Nanni che aveva passato più di un anno in montagna.´
Io non ho potuto partecipare alla sfilata, però. I compagni non mi hanno lasciato andare. Nessuna partigiana garibaldina ha sfilato. Mi ricordo che strillavo: ‘Io vengo a ficcarmi in mezzo a voi, nel bello della manifestazione! Voglio vedere proprio se mi sbattete fuori’. ‘Tu non vieni, se no ti pigliamo a calci in culo! La gente non sa cos’hai fatto in mezzo a noi, e noi dobbiamo qualificarci con estrema serie
tà.’
Così alla sfilata ero fuori, in mezzo alla gente, ad applaudire.
Ho visto passare il mio comandante, poi ho visto il comandante Mauri con i suoi distaccamenti autonomi e le donne che avevano combattuto.
Loro sì, che c’erano.
tà.’
Così alla sfilata ero fuori, in mezzo alla gente, ad applaudire.
Ho visto passare il mio comandante, poi ho visto il comandante Mauri con i suoi distaccamenti autonomi e le donne che avevano combattuto.
Loro sì, che c’erano.
Mamma mia, per fortuna non ero andata anch’io! La gente diceva che erano delle puttane. […] Comincia così la storia nuova d’Italia. C’è, nei confronti delle donne che hanno partecipato alla Resistenza, un misto di curiosità, di ammirazione e di sospetto. L’Italia uscita dalla Resistenza e dalla guerra è tradizionalista e bacchettona.
E’ comprensibile, anche ammirevole, che una donna abbia offerto assistenza a un prigioniero, a un disperso, a uno sbandato, tanto più se costui è un fidanzato, un padre, un fratello. Questo rientra ancora nelle regole.
L’ammirazione e la comprensione diminuiscono quando l’attività della donna sia stata più impegnativa e determinata da una scelta individuale, non giustificata da affetti e solidarietà familiari.
Per ogni passaggio trasgressivo, la solidarietà diminuisce, fino a giungere all’aperto sospetto e al dileggio.
La disapprovazione per le donne che partecipano, armate, alle sfilate partigiane del Primo maggio, disapprovazione che Trottolina ha nettamente percepito tra la folla, non si manifesta solo a Torino.
Doveva essere un fatto piuttosto generale anche in Emilia se il giornale ´Noi Donne’ sente il bisogno di parlarne, nella sua edizione regionale. ´Mentre seguendo le nostre bandiere sfilavamo per la città, scrive l’ignota giornalista, ´abbiamo visto disegnarsi sulle labbra dei signori uomini un sorriso ironico assolutamente inadeguato alla serietà della cerimonia’
Certamente questi uomini pensano che il cervello delle donne sia troppo leggero e immaturo.’
Ersilia, che aveva combattuto nella Divisione Valtoce, quando torna a casa sua a Domodossola dopo la Liberazione, la trova completamente svaligiata.
´La gente, i piccoli borghesi ci consideravano male.
Erano da prendere a schiaffi.
Mi ricordo che il primo anniversario della Liberazione, il 25 aprile del 1946, mi son detta: E’ la nostra festa! Sono andata davanti al Municipio col fazzoletto rosso intorno al collo.
Certa gente mi sghignazzava in faccia.
Qualcuno diceva: ‘Ma và a fare la calzetta!’ Io avevo ancora le armi in casa, nascoste in cantina. Avevo una voglia di vendicarmi, di prendere un mitra e poi di andare là a dire: ‘Adesso vi faccio io la calza a voi!’
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