Tra un brindisi e l'altro, il buon Matteo Riva pare essersi ricordato del problema dei botti di capodanno.
Con un tempismo degno del miglior Cesarini, il 28 dicembre il Primo Cittadino ha quindi vietato - in tutto il territorio comunale - dal 30 dicembre 2015 al 6 gennaio 2016, l'uso e l'accensione di fuochi d'artificio.
L'emanazione dell'ordinanza (indubbiamente pregevole negli intenti) mi ricorda tanto le grida di manzoniana memoria. Tanto roboanti quanto inefficaci.
Non solo, infatti, il Sindaco pare essersi scordato di attribuirgli efficacia pubblicandola sull'albo pretorio (la pagina web non mi risulta sostitutiva dell'albo pretorio!), ma dalle dichiarazioni apparse sulla stampa non risulta sollevata - a causa della latitanza di controlli - nessuna sanzione.
Eh si che di botti, in giro, se ne sono sentiti non pochi!
Al buon Riva dedico questo bell'estratto del testo del Manzoni, nella speranza che lo Spirito del Natale, la Befana ed i Re Magi nel 2016 lo riportino tra di noi.
Due uomini stavano, l’uno dirimpetto all’altro, al confluente,
per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo
basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l’altro piede posato sul terreno
della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia
incrociate sul petto. L’abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov’era
giunto il curato, si poteva distinguer dell’aspetto, non lasciavan dubbio
intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella
verde, che cadeva sull’omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla
quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in
punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol
corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di
coltellaccio che spuntava fuori d’un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno
spadone, con una gran guardia traforata a lamine d’ottone, congegnate come in
cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui
della specie de’ bravi .
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora
floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne
avesse idea, ecco
alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante de’ suoi caratteri
principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa
vitalità.
Fino dall’otto aprile dell’anno 1583,
l’Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d’Aragon, Principe di
Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d’Avola, Conte di Burgeto, grande
Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan
Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile
miseria in che è vivuta e vive questa città di Milano, per cagione dei bravi e
vagabondi, pubblica
un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere
compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi... i quali,
essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo
fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s’appoggiano a qualche cavaliere o
gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e favore, o veramente,
come si può presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei,
abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a’ renitenti [5], e dà a tutti
gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà, per
l’esecuzione dell’ordine. Ma, nell’anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il
detto signore, che questa Città è tuttavia piena di detti bravi...
tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, né
scemato il numero, dà fuori un’altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella
quale, tra l’altre ordinazioni, prescrive:
Che qualsivoglia persona, così
di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà esser tenuto,
e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorché non si verifichi
aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri
indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et
al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto
alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola
opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler essere
obbedita da ognuno.
All’udir parole d’un tanto signore, così gagliarde
e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che,
al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre. Ma la
testimonianza d’un signore non meno autorevole, né meno dotato di nomi, ci
obbliga a credere tutto il contrario. È questi l’Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia,
Cameriero maggiore di Sua Maestà, Duca della Città di Frias, Conte di Haro e
Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di
Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell’anno 1593,
pienamente informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e
vagabondi, e del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben
pubblico, et in delusione della giustizia, intima
loro di nuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese,
ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo
predecessore. Il 23 maggio poi dell’anno 1598,informato, con non poco dispiacere dell’animo
suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero di
questi tali(bravi e vagabondi), né di loro, giorno e notte, altro si sente che
ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra qualità di
delitti, ai quali si rendono più facili, confidati essi bravi d’essere aiutati
dai capi e fautori loro... prescrive di nuovo gli stessi rimedi,
accrescendo la dose, come s’usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte
alcuna alla grida presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua
Eccellenza, proverà il rigore, e l’ira sua... essendo risoluta e determinata
che questa sia l’ultima e perentoria monizione.
Non fu però di questo parere l’Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes,
Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per
buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive
questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso
abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena
anch’essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e
senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
Convien credere però che non ci si mettesse con
tutta quella buona voglia che sapeva impiegare nell’ordir cabale [6], e nel
suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la
storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui
fece perder più d’una città; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron,
a cui fece perder la testa; ma, per ciò che riguarda quel seme tanto pernizioso
de’ bravi, certo è che esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell’anno
1612. In quel giorno l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don
Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore
etc., pensò seriamente ad estirparlo. A quest’effetto, spedì a Pandolfo e Marco
Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed
accresciuta, perché la stampassero ad esterminio de’ bravi. Ma questi vissero
ancora per ricevere, il 24 decembre dell’anno 1618, gli stessi e più forti
colpi dall’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez
de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però, non essendo essi morti
neppur di quelli, l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo
Fernandez di Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di don
Abbondio, s’era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida
contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due
giorni prima di quel memorabile avvenimento.
Né fu questa l’ultima pubblicazione; ma noi delle
posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo
della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell’anno
1632, nella quale l’Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono da quelli
che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo di
cui noi trattiamo, c’era de’ bravi tuttavia