Se il grande Vittorio Gassman avesse deciso, per spirito di ironico sadismo, di assistere al consiglio Comunale di giovedì sera, avrebbe, a fine serata, con una fragorosa risata decretato che "Son tutti bravi a fare i froci con il culo degli altri” .
Pomo della discordia
, quello di sempre. L'urbanistica. I metri cubi. L'epicentro degli interessi locali. Un campo, dove istrionicamente gli slogan di tutela dell'ambiente ed il "concetto" di "colate di cemento" assumono sfumature e colorazioni diverse in base alla“contingente occorrenza”.
E così, secondo l'"id quod plerumque accidit"se siedi sui banchi dell'opposizione, è naturale che Tu assuma sul tema le posizioni del "meglio convinto" ecologista. Pronto, come il più giacobino e manicheo degli eroi moderni, a strapparti le vesti urlando a gran voce - non senza una certa dose di livore - alla “porcata” ed alla speculazione.
Se, invece, per bontà Tua, la Dea Bendata ti ha baciato e stai nella stanza dei bottoni, ecco che l'astioso rancore cede gentilmente il passo ad una maggiore benevolenza verso il pianificatore.
In questo clima ispirato ad un fraterno "volesome bene" si nobilitano anche i toni del linguaggio.
Si ammorbidiscono le posizioni. Il valore ambiente, non è poi così "assoluto". La tutela del territorio acquista un'accezione lata, deformata dalla lente della suprema fedeltà al manovratore.
Le singole voci dissidenti, sono presto neutralizzate: screditate nella migliore delle ipotesi come quelle di pazzi visionari. Nella peggiore, come squallidi opportunisti in cerca di protagonismo e piegati al miglior offerente.
Alla triste regola, non fa eccezione neppure Giussano.
Ma partiamo dal casus belli: la Lamplast, la nota industria posta nel Comune di Giussano, sul confine con la limitrofa Verano.
La Lamplast è una ditta leader nella produzione di materiale plastico. Una realtà imprenditoriale economicamente solida che registra - in una situazione occupazionale in forte sofferenza - un trend in crescita. 110 gli attuali dipendenti.
Ferrea garanzia di "pane quotidiano" sulla tavola di altrettante famiglie.
Una ditta che purtroppo il "peccato originale" ha voluto localizzare e far crescere nel cuore del Parco della Valle del Lambro. Nella Valle dei Mulini.
La sua presenza nel perimetro del Parco regionale, considerata ambientalmente insostenibile, agita da anni i sonni di ambientalisti ed amministratori, sul cui tavolo la questione, periodicamente, si ripropone.
La Lamplast ha peraltro manifestato la necessità di poter ampliare i propri impianti: in caso contrario sarà costretta a migrare altrove (Croazia o Bologna).
Le occasioni perse. A metà degli anni '90 la Lamplast venne travolta da un brutto incendio. La sua ricostruzione avvenne sul medesimo sedime. Fu persa così la prima occasione per la sua definitiva ricollocazione.
La seconda occasione di decidere il futuro dell'area - sottraendoendola a future speculazioni - è stata, invece, persa dalla Giunta di Franco Riva.
Il pgt adottato ed approvato nel 2009 dall'ex amministrazione prevede - sul confine di Arosio- dei lotti cui è stata impressa una destinazione industriale.
Da sempre (e ad onor del vero non sono la sola) sostengo che quella dovrebbe essere il naturale sito di ricollocazione. Ricordo addirittura - in sede di accoglimento di una mia richiesta di trasformare (per evitare speculazioni) il pl in piano di iniziativa pubblica - di aver proposto all'ex Sindaco Franco Riva di inserire nella scheda dell'ambito di trasformazione una sorta di "asterisco" che funzionalmente lo vincolasse al trasferimento della Lamplast.
Così facendo si sarebbe potuta aprire una trattativa con i proprietari della ditta e sciogliere definitamente, sotto il controllo della mano pubblica, la questione della destinazione da attribuire all'area nella Valle dei Mulini.
Individuando una soluzione che tutelasse l'occupazione, liberasse il parco dalla presenza di un'industria tanto invadente; regolamentasse le opere di bonifica necessarie a "sanare" l'ambiente.
Incardinando una trattativa che soprattutto definisse quanti degli attuali volumi , far sopravvivere ...e che destinazione attribuirgli.
Perchè diciamocelo, questo è il punto dolente dell'intera faccenda.
Il privato che, non è certo la San Vincenzo, non sosterrà mai gli onerosi costi legati agli investimenti necessari per delocalizzare la propria attività (acquisto di nuovo terreno, realizzazione della struttura, bonifica del sito), senza la prospettiva di "poter altrimenti" utilizzare l'attuale proprietà.
Solo un ingenuo o uno stupido potrebbe pensare che Lamplast sarebbe disposta a trasferirsi altrove, abbattere i capannoni, bonificare i lotti per restituirli alla collettività come suolo agricolo...
E chi gestisce "la res publica" non può permettersi di essere nè l'uno nè l'altro.
La mia proposta, come molte altre, non venne, chiaramente, neppure presa in considerazione e cadde inascoltata nel dimenticatoio.
Nè, le voci che oggi gridano allo scandalo si levarono allora per affrontare il problema, adoperandosi per trovare qualche concreta soluzione.
Come spesso accade, ci si limitò a mettere la testa sotto la sabbia, prevedendo nel pgt che in caso di dismissione dell'attività, l'area occupata dai capannoni Lamplast torni agricola.
La nuova amministrazione ha raggiunto oggi con la Lamplast una bozza di accordo che potrebbe definitivamente porre fine all'annosa vicenda: in soldoni, in cambio della sua permanenza sul nostro territorio (ed il suo trasferimento nell'area al confine con Arosio), l'amministrazione consentirà alla proprietà Redaelli, con una variante urbanistica (da recepire nella variante al pgt), di mantenere grossomodo solo la metà dei volumi esistenti, nei quali allocare attività ambientalmente più compatibili.
Molte le proposte ventilate sulla nuova destinazione: dal centro benessere, sullo stile di Monticello al carcere minorile per rieducare i giovani (non mi pare così sbagliato pensare che la funzione riducativa della pena, tanto cara al Beccaria riesca meglio se effettuata in un bel parco, invece che nelle periferie degradate di qualche città).
L'epilogo: il Consiglio Comunale.
Durante la seduta consilaire dello scorso giovedì, l'opposizione, e soprattutto il pd (mancava infatti Soloni, l'unico esponente di Giussano Democratica), ha solennemente censurato l'operazione, sentenziando che l'area agricola è. Agricola deve restare.
Con buona pace dei 110 dieci operai che perderanno il loro posto di lavoro quando la società si trasferirà - come ha già minacciato - altrove; del parco che si troverà sul groppone l'ennesimo compendio immobiliare abbandonato, destinato a sicuro degrado. Di tutti noi e della nostra nuova "Victory".
La via intrapresa (ad oggi c'è un atto di indirizzo di Giunta) non è forse "in termini assoluti" dal punto di vista ambientale la soluzione migliore. Di certo è una delle poche - pur perfettibile - percorribili. Non occorre, del resto, avere la tessera del Partito democratico per sapere che l'ideale sarebbe disporre di qualche milione di euro per acquistare le aree e restituirle alla fruibilità del popolo.
Ma i sogni impossibili è giusto che li coltivino i bambini oppure, come ricordava Max Weber, i religiosi, i rivoluzionari o i sindacalisti che agiscono sulla base di ben precisi principi, senza porsi il problema delle conseguenze che da essi scaturiranno.
Trovo, invece, piuttosto ridicolo che i sogni "da valle dell'Eden" diventino il vessillo sotto cui si trincera chi la "verginità politica" l'ha da tempo persa ....